Il miglioramento delle tecniche diagnostiche e dei presidi terapeutici medico-chirurgici ha fatto si che molti bambini con cardiopatia congenita raggiungono l’età adulta. Come conseguenza il numero di adulti con cardiopatia congenita è cresciuto in maniera rapida nell’ultimo ventennio. Molti di questi pazienti sono affetti da cardiopatia congenita “semplice”: difetto interatriale o interventricolare, stenosi valvolare polmonare, dotto arterioso pervio. Cardiopatie trattate chirurgicamente o ultimamente anche per via percutanea comunque con reliquati assenti o minimi. Altri si trovano in una situazione più complicata, si tratta di cardiopatie “complesse” la cui correzione completa ha lasciato reliquati più o meno importanti, vedi ad esempio i pazienti operati di tetralogia di Fallot il cui patch di allargamento nel tratto d’efflusso o la distruzione della valvola polmonare stenotica comporta un’inevitabile insufficienza della polmonare che alla lunga porta ad insufficienza ventricolare destra. Pertanto questa tipologia di cardiopatia, cosi come tante altre, necessitano di un continuo monitoraggio, in modo da stabilire il nuovo timing chirurgico o interventistico.  Altri pazienti non hanno eseguito in età pediatrica una correzione completa ma solo interventi palliativi e sono quindi in attesa di interventi definitivi. 

Dal’altra parte ci sono i congeniti adulti nei quali il primo intervento correttivo di una cardiopatia congenita ben tollerata in età pediatrica, deve essere eseguito in età adulta.

Infine, fortunatamente, in netta minoranza, sono i congeniti adulti che si trovano in storia naturale, già in una fase di scompenso e di non operabilità con ipertensione polmonare e/o eisenmenger che si giovano di una classe di farmaci definiti “orfani” che solo centri specializzati possono prescrivere.

Esistono delle linee guida che si devono applicare, in ogni singolo caso senza sovrastimare né sottostimare il vizio cardiaco in modo da non compromettere, per eccessiva prudenza, l’inserimento dell’individuo nella società, dall’altra parte senza far correre dei rischi inutili.

Per le donne con cardiopatia congenita che raggiungono l’età adulta esistono anche i problemi legati al desiderio di gravidanza con le conseguenti difficoltà. L’incidenza nel Regno Unito di donne in gravidanza con cardiopatia congenita è dello 0.8%. La gravidanza comporta rischi per la madre e per il feto. Durante la gravidanza, infatti, si assiste ad un aumento del 50% del volume ematico: quindi una donna con cardiopatia in compenso labile può andare incontro ad insufficienza grave. La gravidanza comporta un rischio di episodi trombo-embolici pari a circa 5 volte maggiore, questo aumenta ulteriormente se la donna in gravidanza ha una cardiopatia congenita con un’alta concentrazione di emoglobina, come nei pazienti affetti da cardiopatia cianogena. Ricordiamo infine i problemi di natura aritmica e di endocardite batterica.  Questi pazienti vanno attentamente monitorizzati, in modo da cogliere fasi iniziali di scompenso, stabilire in modo corretto il tempo e il modo del parto. Il rischio maggiore per il feto sono ritardi di crescita specie se la cardiopatia della gestante è cianogena. Il feto, infatti, tollera male una saturazione inferiore all’85%.

In base a quanto detto il congenito adulto, è una popolazione in incremento, che necessita di cure e frequenti follow-up le cui problematiche si differenziono dalle comuni cardiopatie acquisite, pertanto dovrebbero essere curati e seguiti presso centri specializzati con cardiologi specialisti per la cura del cardiopatico congenito sia in età pediatrica sia in età adulta e che abbiano conoscenza per la gestione degli specifici problemi che questi pazienti possono presentare.

autore dott Agata Privitera